Ottenere la targa di prima o ultima immatricolazione storica
La Legge di Bilancio per il 2021 (n. 178 del 30 dicembre 2020) prevedeva la possibilità di ottenere la targa di prima iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico oppure, in alternativa, per i veicoli in fase di reimmatricolazione o provenienti dall’estero, una targa del periodo storico corrispondente alla data di costruzione. Una bella idea, caldeggiata da ACI Storico e sostenuta da tutti i collezionisti, ma finora non è stato possibile applicare questa normativa perché mancava il Decreto di attuazione.
Superati gli intoppi tecnici (occorreva verificare che fosse possibile “rimettere in produzione” le vecchie targhe, sia quelle quadrate sia quelle orizzontali con l’indicazione della provincia di colore arancio: le targhe sono realizzate dal Poligrafico Zecca dello Stato, che ha espresso parere positivo), finalmente venerdì 4 agosto il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha firmato il Decreto attuativo, che entrerà in vigore 60 giorni dopo che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (con tutta probabilità oggi, lunedì 7 agosto).
Per ottenere una “targa storica”, il proprietario del veicolo dovrà presentare la domanda a un ufficio della Motorizzazione Civile o a uno Sportello Telematico dell’Automobilista. La pratica può essere gestita in tutti le sedi delle delegazioni dell’Automobile Club d’Italia. Il costo previsto, al netto degli emolumenti per la gestione della pratica, è di 549 euro per gli autoveicoli e di 274,50 euro per motocicli e macchine agricole, da corrispondere tramite versamento con bollettino PagoPA sulla piattaforma dei pagamenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
C’è però un punto che non soddisfa appieno l’Automobile Club d’Italia: la normativa che sta per entrare in vigore dispone che nella documentazione da allegare alla domanda debba esserci anche il Certificato di Rilevanza Storica emesso da uno degli Enti citati dall’art. 60 del Codice della Strada (ASI, FIM e i tre Registri Storici Alfa Romeo, Fiat e Lancia). Non sono ammesse certificazioni emesse dalle Case automobilistiche costruttrici dei veicoli: in sostanza, se un collezionista possiede una Ferrari certificata da Ferrari Classiche, per esempio, deve comunque ricorrere a uno degli enti citati dall’art 60 per vedersi riconoscere l’attestazione di storicità. E lo stesso vale per i reparti Heritage di Stellantis, di Porsche, di Mercedes, Jaguar eccetera.
I costruttori hanno gli archivi storici della propria produzione: chi meglio di loro potrebbe stabilire l’effettiva storicità delle automobili? Ma c’è di più: se in linea teorica potrebbe essere ammissibile ricorrere a una certificazione riconosciuta per un veicolo non immatricolato o proveniente dall’estero, non si comprende il motivo per cui i collezionisti debbano comunque essere costretti a versare una gabella a un ente privato, qualora possiedano un veicolo già immatricolato, ma con targa più moderna, e desiderino sostituirla con una più consona al periodo di fabbricazione, oppure recuperare la targa di prima immatricolazione. Il CRS è un retaggio di una normativa introdotta con il Codice della Strada del 1992: più di 30 anni fa. Quando il mondo del collezionismo non aveva ancora l’importanza economica e sociale né i numeri di oggi, gli appassionati erano un decimo rispetto a ora, i club pochi e non sempre ben organizzati e soltanto alcune Case costruttrici avevano compreso l’importanza dell’heritage: è per questo che ACI chiede un adeguamento della normativa che riconosca finalmente i tanti attori esperti attualmente in campo.
Il principio ispiratore avrebbe potuto essere lo stesso della Circolare della Motorizzazione n. 14794 del 27 maggio 2020, fortemente caldeggiata dall’ACI tre anni fa, sulla restituzione al nuovo proprietario dei documenti originali delle auto ultratrentennali a seguito di un passaggio di proprietà, quando l’introduzione del Documento Unico avrebbe potuto significare la distruzione di una preziosa documentazione storiche che, invece, ora è possibile conservare. È l’età dell’auto il concetto da rispettare, non il mantenimento di anacronistici e ingiustificati privilegi economici.
Di Marco Di Pietro
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